Architettura sensoriale
di Ivana Carbone
in: Spazi aperti (rubrica), Architetture e città del III millennio, 2012 – Edizioni dell’Anna, Roma
Un approccio progettuale che preveda l’interazione dei sensi ricerca una qualità architettonica ed urbana più profonda perché orientata verso il benessere del fruitore.
Su questo aspetto le discipline orientali sono sempre state più sensibili. Il sapere occidentale invece, fortemente influenzato dal pensiero filosofico della Grecia classica che considerava la percezione visiva come la più nobile in quanto più prossima alla mente, ha sempre fatto coincidere la cognizione di sé e del mondo con la “visione”. Nella realtà invece tale cognizione è il risultato di una complessa interazione tra i sensi.
Secondo la Gestalttheorie, che segna nel panorama scientifico nei primi decenni del ‘900 una svolta radicale, la mente ha già una dimensione olistica: “non già l’elemento, ma la forma totale, è il fatto fondamentale della coscienza, giacché questa forma non è mai riducibile ad una somma o combinazione di elementi”. Secondo la definizione che il filosofo Abbagnano dà della Gestalttheorie, la percezione non sarebbe dunque preceduta dalla sensazione, ma piuttosto consisterebbe in un processo psichico immediato che opera la sintesi dei dati sensoriali in forme dotate di significato.
La mente può fare memoria di una percezione olfattiva, uditiva, tattile, visiva o anche termica e richiamarla poi attraverso analogie, come descriveva Marcel Proust, riconoscendo come gli stimoli sensoriali ed emotivi fossero strettamente legati.
Un progetto d’architettura può essere sviluppato nei singoli domini sensoriali come può essere letto nei suoi elementi, ma non corrisponde alle sue parti o alla loro somma, proprio perché è combinazione delle diverse componenti di un’esperienza reale.
Il fruitore di uno spazio percepisce l’atmosfera complessiva conferita dal progetto, operando istintivamente una sintesi delle componenti: il risultato immediato ne è il gradimento. La vista rappresenta solo la percezione più evidente poiché la nostra cultura la considera, insieme all’udito, canale privilegiato per la percezione dell’ambiente antropizzato, finendo per anestetizzare la complessità delle sensazioni. si viene a determinare una percezione parziale.
Così l’architettura, come riflesso della società, della sua cultura e dei suoi mutamenti attraverso i tempi, è stata realizzata per il solo senso della vista, rendendola in tal modo pura immagine. La tecnologia, se da un lato ha arricchito le nostre possibilità, ha poi inevitabilmente contribuito ad un potenziale impoverimento della nostra sensibilità sensoriale. Come sostiene G. Mirabella, “i sensi diventano sempre più estranei, perché sempre più coadiuvati da protesi tecnologiche che riproducono i processi che appartengono all’uomo, rendendoli tuttavia per lui irriconoscibili”. Sembra che l’uomo contemporaneo, per innestarsi in un corpo più vasto, voglia sparire come individuo e divenire flusso che scorre… L’integrazione tra l’individuo e una dimensione più vasta che lo comprenda presuppone infatti un contribuito di tutti i sensi e un sistema di interazione.
Solo attraverso un’esperienza multi-sensoria è possibile instaurare un rapporto più profondo tra uomo ed ambiente.
Ciascun luogo infatti è sempre il risultato di una complessa interazione tra uomo e ambiente, tra componenti spaziali di varia natura, visibili ed invisibili, che l’architettura sensoriale raccoglie ed enfatizza, arrivando a teorizzare l’ambiente sensorio.
La disciplina, introdotta da studi scandinavi, muove dall’interpretazione di fenomeni fisici, e si basa sul controllo dell’esperienza tattile, olfattiva, visiva e sonora e fa diventare la percezione umana il baricentro del progetto.
Secondo l’architetto finlandese J. U. Pallasmaa soltanto un’architettura che realizzi una compresenza di sensazioni in grado di metterci in contatto diretto con il contesto può essere significativa. Oggi in Europa sono pochi i contributi di architettura volontariamente polisensoriale, se si esclude l’operato di P. Zumthor e della scuola di Mendrisio, mentre è sempre più oggetto di studio da parte di università statunitensi l’approccio percettivo alla progettazione architettonica. Sarebbe interessante poter indagare sulle relazioni tra componenti percettive e concetto classico di bellezza, o meglio di venustas intrinsecamente legato a quello di proportio…
Se quest’ultimo venisse inteso come una sorta di equilibrio che fra le componenti che inducono la percezione, la stessa valenza estetica di un’opera architettonica s’integrerebbe con quello della complessa ma unitaria percezione.
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In our culture, man’s perception has evolved through the domain of sight and hearing at despite of the other senses and possible interactions between them. As opposed to architecture that has been transformed into a visual art, recent Scandinavian studies have introduced a based control of tactile, olfactory, visual and sound Architecture discipline that arises interpretation of physical phenomena at the base of design: in this sense, a space can realize a coexistence of feelings on the relationship between the entire perception of our body with the environment.
Sensory approach can also create atmosphere supporting, rather, with its expressions, the natural evolution of reality.
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